Chi educa oggi

Inserito in NPG annata 2007.

Tutto il resto (dei giovani) /2

Carmelina Gaito

(NPG 2007-02-61)


«Sono Monica, ho 19 anni, fino ad alcuni mesi fa ero un’apprendista parrucchiera. È un lavoro che mi piaceva, che speravo di fare nella vita: non un lavoro ripetitivo, ma un mestiere dove imparare delle cose e poter mettere un po’ di creatività. Purtroppo però dopo diversi anni di sacrifici non ho più sopportato la situazione che ero costretta a subire: nonostante fossi regolarmente assunta, ricevevo solo la metà dei 600 _ previsti dalla busta paga. Secondo la proprietaria dovevo ancora ritenermi fortunata perché questo era più di quanto prendevano tante altre apprendiste parrucchiere della mia città. Così ho deciso di abbandonare questo lavoro anche se mi piaceva, ma che non mi permetteva di pensare al futuro».
È la vita di Monica, insieme a quella di tanti altri giovani incontrati quotidianamente, che hanno spinto la GiOC ad interrogarsi ancora su quali siano sono i criteri che guidano scelte e stili di vita, e in particolare su come la dimensione del consumo incida nella costruzione dell’identità, personale e collettiva.
Chi educa oggi: i giovani costruiscono la loro identità tra consumi e lavoro, cambiando la percezione con la maturazione di elementi diversi. Chi guida il passaggio tra una fase in cui a prevalere sono i consumi ad una in cui è dominante il lavoro o la scuola? Che ruolo hanno in questo le associazioni e la chiesa?
Molti elementi che emergono dall’analisi dei dati dell’inchiesta Tutto il resto smentiscono i luoghi comuni che descrivono una gioventù massificata, senza valori e grandi ambizioni, abituata ad ottenere senza sforzo tutto ciò che vuole, impegnata a spendere e consumare. Emerge invece una realtà molto più complessa, un mondo giovanile variegato, a volte «paradossale», sicuramente ambivalente, che va conosciuto e capito. Ci sono giovani, opportunità, condizioni e percorsi di vita che superano i luoghi comuni, le immagini e le rappresentazioni, le analisi astratte e le notizie sensazionali.

Chi educa oggi?

La costruzione dell’identità è legata prevalentemente alla fase adolescenziale dell’esistenza, anni delle contraddizioni, delle tante esperienze, dell’incostanza, della trasgressione.
La formazione e l’educazione dei giovani sembra ormai delegata solo alla famiglia, che non sempre riesce da sola a sopperire tutte le esigenze educative e formative del proprio figlio. Le generazioni attuali sono sempre più dipendenti economicamente dalla famiglia, che non sempre è esempio positivo.
Le agenzie educative non sono positive in assoluto, per definizione: la differenza sta nelle persone che si incontrano in questi luoghi e dal modello di persona, di società e di Chiesa che trasmettono. Questo vale per la famiglia, il lavoro, la scuola, la parrocchia, l’associazionismo.
Ci sembra di poter evidenziare alcune sfide:
– come vigilare perché questi spazi restino luoghi di crescita, di messa in discussione delle persone?
– come promuovere e sostenere percorsi educativi che mettano i giovani nella condizione di prendere coscienza di sé e di conseguenza di prendere la parola?
– come fare sintesi delle esperienze vissute, come maturare una coerenza di vita?
Lo stile contraddittorio e la difficoltà di scegliere che i giovani vivono nei loro consumi si riscontra anche nel rapporto con i valori, nella partecipazione alla vita sociale, nell’idea di giustizia. Se da un lato è positivo avere un approccio aperto e non ideologico, dall’altra si rischia di vivere tutto come relativo. Spesso il poter esibire alcuni oggetti permette ai giovani di essere riconosciuti, dà una gratificazione e delle certezze che non si riescono ad avere in altri ambiti della vita. La realizzazione personale finisce così per arrivare attraverso i consumi e non attraverso il riscatto personale o il miglioramento della propria condizione di vita.

Educare a un consumo positivo

Il consumo nasconde, ma non elimina, le differenze fra le persone (di reddito, di scelta, di lavoro, ecc). Così emerge una nuova sfida, per chi si occupa di educazione: come educare al bisogno di un «consumo positivo» e di riscatto della propria condizione (possibilità di viaggiare, formarsi, incidere sulla realtà)?
Sembra che gli unici spazi che la società crea siano per il consumo «materiale»: come creare luoghi diversi, di consumo culturale, di informazione, in cui potersi sperimentare e vivere ruoli di responsabilità? Nella «società della conoscenza», infatti, assume un’importanza sempre maggiore la capacità di rigenerare le proprie competenze e di creare e mantenere relazioni significative. Diventa dunque importante investire delle risorse per riflettere insieme e progettare percorsi che aiutino i giovani a prendere coscienza di questo dato e per fare in modo che tutti abbiano realmente pari opportunità di formazione, di scelta e di autonomia, al fine di costruirsi un’identità forte e critica.

Infine, bisogna educare alla coerenza. L’identità di «consumatore» investe con nuova forza anche chi lavora. L’assunzione dei ruoli di consumatore e di lavoratore fa correre il rischio di vivere una contraddizione: quando si consuma si ha l’obiettivo di ottenere il meglio spendendo il meno possibile, dimenticandosi spesso che in molti casi questo è possibile solo attraverso pratiche che non rispettano la dignità di altri lavoratori, che non verrebbero accettate se applicate su di noi. Ci pare che la sfida sia quella di mantenere una coerenza fra queste due «vesti». Questo dato potrebbe sembrare non influente sulla percezione che si ha della dicotomia tra consumatori e lavoratori, ma il rischio è la guerra tra poveri: lavoratori che non percepiscono salari dignitosi, che risparmiano per arrivare alla fine del mese, per garantirsi la sussistenza, oppure per accedere ad opportunità formative che incidono fortemente sulla qualità della vita. Troppo spesso il costo dell’aspirare ad avere maggiori opportunità va a scapito di altri lavoratori.
Ci sembra di poter dire che questa inchiesta nazionale, più che darci risposte, abbia suscitato in noi molte domande e abbia fatto emergere enormi sfide educative, ecclesiali e sociali. Che vanno dagli ambienti educanti, all’estensione dei diritti fondamentali per tutti i lavoratori, alla comunità cristiana e allo stile di vita sobrio. A queste sfide e questioni ci piacerebbe dare una risposta confrontandoci e collaborando con i soggetti che di consumi, giovani e lavoro si occupano da tempo.