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    50 anni di Europa


     

    GiovanEuropa /1

    Angel Miranda

    (NPG 2007-01-64)


    Stanno per compiersi 50 anni dal momento in cui i grandi padri dell’idea di un’Europa unita, Jean Monnet, Konrad Adenauer, Paul-Henri Spaak e Alcide de Gasperi, dopo la guerra mondiale posero le basi di quell’Europa in cui e di cui oggi viviamo.
    Con le sue luci e le sue ombre, l’Unione europea si presenta oggi come storia per le generazioni adulte e come sfida e impegno di futuro per le generazioni più giovani. E qui, a seconda delle diverse prospettive (politica, economica, scientifica e tecnica, commerciale... culturale e dei diritti umani...), ciascuno ha il diritto della parola. Perché non anche dal punto di vista della pastorale?
    Come NPG apriamo dunque la porta alla celebrazione di questi 50 anni con la speranza che gli operatori di pastorale e i destinatari di questa medesima azione pastorale si assumano l’impegnativo ed esaltante compito di creare ed essere una Europa «unita nella diversità», come indica lo slogan che si è cominciato a utilizzare a partire dal 2000.

    Uno sguardo di speranza

    Il 28 giugno del 2003 Giovanni Paolo II firmava l’Esortazione Apostolica postsinodale «Ecclesia in Europa», frutto del Sinodo dei Vescovi europei celebrato nei giorni 1-23 febbraio 1999. Il documento ha un sottotitolo che può aiutarci a comprendere il suo apporto come innegabile risposta alla situazione dell’Europa alla fine del secolo scorso e all’inizio del secolo XXI: «Su Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa, sorgente di speranza per l’Europa».
    Siccome il nostro intento ora non è quello di scoprire un documento dimenticato (o sconosciuto ai più), ma metterne in risalto alcuni aspetti che si riferiscono alla nostra attitudine di fondo come operatori di pastorale, non sarà male cominciare con una lettura dei segni di speranza che il Sinodo scopriva nella realtà della nostra Europa.
    Non citiamo il testo completo, ma facciamo solo alcuni appunti su ciascuno degli elementi indicati (cf nn. 13-17).
    Sarebbe ingiusto non riconoscere i segni dell’influsso del Vangelo di Cristo nella vita della società. I Padri sinodali hanno indicato e sottolineato i seguenti:
    - il ricupero della libertà della chiesa nell’Europa dell’Est;
    - la crescente consapevolezza della missione propria di tutti i battezzati;
    - la crescente apertura reciproca dei popoli;
    - la riconciliazione tra le nazioni per lungo tempo tra loro ostili e nemiche;
    - l’ampliamento progressivo del processo unitario ai paesi dell’Est europeo;
    - le collaborazioni e interscambi di ogni tipo che generano cultura, e ancora più, una coscienza europea;
    - il fatto che tutto questo processo si realizza con metodi democratici, in maniera pacifica e con spirito di libertà;
    - i maggiori livelli di rispetto dei diritti umani;
    - la crescita del rispetto al diritto e alla qualità della vita.
    Inoltre, e con specifica attenzione alla vita interna della chiesa, il documento pone in rilievo anche:
    - i numerosi testimoni della fede cristiana che ci sono stati nell’ultimo secolo, tanto all’Est come all’Ovest e nelle diverse confessioni cristiane;
    - la santità di tanti uomini e donne del nostro tempo: nella vita familiare, professionale e sociale;
    - un Vangelo che continua a dare i suoi frutti nelle comunità parrocchiali, nelle persone consacrate, nelle associazioni di laici, nei gruppi di preghiera e di apostolato, nelle molte comunità giovanili. Così come pure mediante la presenza e diffusione di nuovi movimenti e realtà ecclesiali;
    - l’innegabiole lavoro della parrocchia, capace di offrire ai fedeli uno spazio per l’esercizio effettivo della vita cristiana e dell’autentica umanizzazione e socializzazione;
    - la presenza e azione di molte associazioni e organizzazioni apostoliche, e in particolare dell’Azione Cattolica;
    - i nuovi movimenti e le nuove comunità ecclesiali;
    - i progressi ottenuti dal cammino ecumenico seguendo le direttrici della verità, della carità e della riconciliazione.
    Certo, ci sono cose da migliorare. Ma abbiamo motivi di speranza circa il nostro lavoro e per comunicare speranza ai nostri destinatari?

    Quattro domande a

    Meinolf von Spee è un salesiano tedesco che lavora in ambito europeo ed è attualmente Presidente del «Don Bosco International» , una associazione internazionale senza scopo di lucro, riconosciuta dal Belgio.
    Per un primo approccio alla realtà europea gli facciamo alcune domande in relazione con l’animazione della pastorale giovanile.

    D. L’Europa nasce per necessità di pace, per risorgere dalle sua ceneri. Obiettivi raggiunti?
    R. Un indiscutibile successo è l’aver avuto il maggior periodo di pace in Europa in tutto l’arco della sua storia. Un altro verrà per via della crescita economica e del processo di convergenza economica e sociale tra i diversi popoli che la formano. Un terzo è l’eliminazione delle frontiere e la crescita e miglioramento dei livelli di eguaglianza delle opportunità per tutti.

    D. Alcune linee di futuro?
    R. Mi sembra che sia meglio parlare di sfide o linee di impegno. E qui occorre anzitutto avere attenzione alla capacità di mantenere un senso di solidarietà e di apertura tra i popoli, l’impegno di approfondire e mantenere forti le radici e i frutti cristiani della nostra cultura, l’attenzione generale alla interculturalità e l’effettiva preoccupazione per i più poveri tra i quali ci sono moltissimi giovani.

    D. Qualche informazione più precisa su «Don Bosco International»? Una multinazionale dell’educazione e dell’attenzione ai giovani?
    R. In effetti si tratta di un progetto nuovo che nasce come effetto di una realtà: la presenza salesiana di servizio ai giovani in più di 30 paesi dell’Europa comunitaria o no, in più di 600 opere educative e pastorali diverse. Noi salesiani abbiamo qualcosa da dire ai giovani europei di oggi e crediamo che valga la pena crescere nel livello di coordinamento, interazione e convergenza della nostra azione educativo-pastorale, convinti che stiamo aiutando a costruire con i giovani l’Europa che tutti vogliamo.

    D. Quali possibilità pastorali si offrono in Europa?
    R. Nonostante i tanti segni che ci parlano della «vecchia» Europa sia nell’ambito ecclesiale che culturale, non dubitiamo che la proposta ecclesiale ai giovani risulti quanto mai necessaria. Sarà certo necessario fare una lettura profetica di quanto Dio ci sta chiedendo in questo momento storico che ci tocca vivere, ma non possiamo dimenticare che Pietro, Paolo e le prime comunità cristiane stabilirono la loro piattaforma di evangelizzazione e di irradiazione del Cristianesimo in Roma, che era la capitale e il centro di un mondo che era certamente meno «evangelizzato» del nostro. Altra cosa evidentemente è se siamo capaci di rischiare e di inventare come loro seppero fare.

    Giovani in Europa

    Offriremo sempre delle piste sulle tematiche giovanili in Europa. In questo primo articolo ci limiteremo a indicare, come asse dalla politica giovanile dell’Unione Europea, l’esistenza del portale europeo della gioventù: www.europa.eu/youth. Il suo obiettivo è di mostrare a tanti giovani come sia possibile avere un accesso veloce e facile all’informazione europea rilevante per la gioventù, fomentare la partecipazione dei giovani alla vita pubblica e contribuire alla loro cittadinanza attiva. I destinatari sono giovani tra i 15 e i 25 anni, e persone che lavorano con i giovani.


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