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    La ricerca


    Spiritualità dello studio /2

    Armando Matteo

    (NPG 2006-02-57)


    Rieccoci con la nostra avventurosa compilazione di un vocabolario elementare della spiritualità dello studio. Per la seconda pagina di questo vocabolario, vorrei partire da un pensiero di F. Nietzsche. Da qualche parte egli scrive che l’uomo è un animale mai completamente adattato. In modo nitido il filosofo tedesco ci ricorda che il nostro corredo istintuale è ben poca cosa rispetto a quello degli animali. Infatti, l’uomo non ha risposte immediate (istinti) per tutte le stimolazioni che l’ambiente esterno gli offre. Lo deve interrogare a sua volta, lo deve analizzare e solo in questo modo può rintracciare risposte e soluzioni significative per i suoi bisogni e per i suoi desideri. E ciò non accade una volta per tutte: le singole risposte trovate, infatti, vengono a loro volta interrogate di nuovo, verificate ulteriormente alla ricerca di altre meglio corrispondenti alla nuova situazione di equilibrio creatasi con le precedenti soluzioni, in un processo e percorso virtualmente infinito.
    L’inadattabilità dell’uomo ad una situazione definita è un elemento essenziale del suo essere: egli è sempre in ricerca, perché – come vuole Nietzsche – mai completamente adattato.
    La ricerca è, dunque, una nota fondamentale dell’essere uomo. Non si tratta ovviamente di una sorta di innata predisposizione ai libri e alle penne. È qualcosa di più profondo: nel medesimo modo in cui l’uomo è una domanda a se stesso (lo stupore), identicamente è una domanda di fronte al mondo (la ricerca). Per questo egli si pone sempre in stato di verifica dell’ambiente che lo circonda, delle soluzioni che ha ricevuto da altri, delle convinzioni che circolano come verità sacrosante. L’uomo ha dentro di sé questa continua tensione alla ricerca.
    Questo è davvero qualcosa di unico. Pensa ai castori, in particolare alle loro tane, che – come è noto – hanno una struttura unica nel regno animale. Tuttavia, i castori costruiscono le loro tane sempre nello stesso modo: straordinarie, dunque, ma identiche nel tempo. Considera, invece, quanto siano differenti le nostre dimore rispetto a quelle dei nostri antenati. Oppure pensa – per parlare di un qualcosa un po’ più «simpatico» – al modo in cui vengono curati i nostri denti. Nello studio del mio dentista sono esposte alcune raffigurazioni degli oggetti con cui i suoi colleghi del passato usavano curare i pazienti: quegli oggetti fanno passare il dolore alla sola loro vista! Oggi i dentisti usano mezzi di ben altra portata e decisamente meno invasivi. Ecco questo risvolto pratico di cui tutti noi, quando abbiamo dolore ai denti, beneficiamo trova la sua origine proprio nell’inadattabilità dell’uomo ad uno stadio unico del suo viaggio nel tempo. E se nessuno avesse mai pensato a migliorare gli attrezzi dei dentisti…
    È un dato inconfutabile, quindi, l’originarietà della ricerca nell’essere dell’uomo: ce la portiamo nel sangue e ciascuno deve onorare questo tratto che ci contraddistingue dagli altri animali.
    Pertanto quando toccherà a te concretamente «fare qualche ricerca», per esempio per esprimere il tuo parere su qualcosa o per prendere qualche decisione importante, abbi sempre in mente che stai entrando dentro la grande storia della civiltà umana.
    In essa nessuno comincia mai per primo e nessuno è l’ultimo: tutti siamo dentro un fiume che inizia prima di noi e continuerà dopo di noi. Per questo il primo passo di ogni concreta ricerca è quello di ricostruire il filo rosso delle nozioni già acquisite, dei punti di non ritorno, dei convincimenti ormai assodati, ed è importante non solo comprendere l’esito delle ricerche precedenti, ma anche lo sviluppo interno di esse, per allenare il cervello ad interrogare in modo innovativo il mondo che è di fronte a noi.
    Questo è più o meno quanto ordinariamente si compie a scuola e all’università, dove appunto sei stimolato ad apprendere il modo in cui altri hanno analizzato fenomeni naturali, problemi sociali, temi filosofici, ovvero il modo in cui sono state prese le decisioni che hanno avuto ripercussioni sull’intera comunità umana. Il segreto per vivere tutto ciò senza pesantezza è quello di sforzarsi, attraverso le risposte che i libri ci riportano, di rintracciare le domande degli uomini e delle donne che hanno attraversato l’avventura della vita umana prima di noi. Quanto sono importanti le domande.
    È vero, tu mi potresti dire che oggi viviamo in un’epoca ricchissima di informazioni, dove trovi sempre risposte a tutto e c’è sempre «mamma» google.com dove digitare le proprie richieste e ottenere i dati desiderati: tutto in una velocità di 0,15 secondi come ci riporta diligentemente la schermata di Internet Explorer…
    Eppure qualcosa in questo modo va perduto. Far ricerca è regalarsi del tempo prezioso per cogliere le domande giuste, per farle vivere e maturare, per permettere loro di condurci verso le risposte e verso altre domande.
    Caro amico, ama le domande. Le risposte verrano.

    Per continuare a riflettere

    Ti trascrivo ora un passaggio dell’Apologia di Platone, un altro grande filosofo greco. In questo testo Platone ricostruisce la difesa approntata dal suo maestro, Socrate, dinanzi al Tribunale Ateniese, che lo aveva imputato di eresia e di corruzione delle giovani generazioni e che poi lo condannò a morte, nel 399 a. C.
    Dalle parole di Socrate ascolta questo brano che evidenzia l’originario legame tra l’essere uomo e il bisogno della ricerca.

    Io sono persuaso di non aver fatto mai, volontariamente, ingiuria a nessuno; soltanto, non riesco a persuaderne voi: troppo poco tempo abbiamo potuto conversare insieme. [...] Ecco la cosa più difficile di tutte a persuaderne alcuni di voi. Perché se io vi dico che questo significa disobbedire al dio, e che perciò non è possibile che io viva quieto, voi non mi credete e dite che io parlo per ironia; se poi vi dico che proprio questo è per l’uomo il bene maggiore, ragionare ogni giorno della virtù e degli altri argomenti sui quali m’avete udito disputare e far ricerche su me stesso e su gli altri, e che una vita che non faccia di tali ricerche non è degna d’esser vissuta: s’io vi dico questo, mi credete anche meno. Eppure la cosa è così com’io vi dico, o cittadini; ma persuadervene non è facile. E d’altra parte io non mi sono assuefatto a giudicare me stesso meritevole di nessun male.
    (Platone, Apologia, 37a-38c; la traduzione è di M. Valgimigli, in Platone, Opere complete, a cura di G. Giannantoni, Laterza, Bari 1971, 62-64).

    Per la preghiera

    Ti propongo, a questo punto, la recita del Salmo 62. Esprime l’atteggiamento del pio ebreo nei confronti del suo Dio. È una prospettiva che forse ti sembrerà un po’ lontana dalla nostra sensibilità.
    Ma questa preghiera così intensa ci regala alcune domande: di cosa ha sete la mia anima (che cosa desiderò di più)? A cosa anela la mia carne (che cosa mi auguro per il futuro)? E cosa cercherei in verità se per caso mi alzassi all’aurora (qual è l’ordine delle cose cui mi sento più legato)?
    Questo salmo, poi, ci ricorda una verità fondamentale: colui che è capace di Dio, in nulla meno di Dio può trovare piena soddisfazione. Per la tradizione ebraica e cristiana, quell’inadattabilità dell’uomo ad una situazione data, che alimenta lo spirito di ricerca, è un segno inequivoco del desiderio di Dio che abita il suo cuore.
    O Dio, tu sei il mio Dio,
    all’aurora ti cerco,
    di te ha sete l’anima mia,
    a te anela la mia carne,
    come terra deserta, arida, senz’acqua.
    Così nel santuario ti ho cercato,
    per contemplare la tua potenza
    e la tua gloria.
    Poiché la tua grazia vale più della vita,
    le mie labbra diranno la tua lode.
    Così ti benedirò finché io viva,
    nel tuo nome alzerò le mie mani.
    Mi sazierò come a lauto convito,
    e con voci di gioia ti loderà
    la mia bocca.
    Nel mio giaciglio di te mi ricordo,
    penso a te nelle veglie notturne,
    tu sei stato il mio aiuto;
    esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
    A te si stringe
    l’anima mia.
    La forza della tua destra
    mi sostiene.

    Un libro da non perdere
    G. Scarafile, La via che si cerca. Lettera ad uno studente sulla felicità dello studio, Effatà Editrice, Cantalupa (To) 2005.


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