Rappresentazioni artistiche nei secoli
«Cristo e l'adultera»
5. XX e XXI secolo
Note storico-estetiche di Maria Rattà
Presentiamo ai lettori una ricca carrellata di immagini - corredate da brevi note informative - sulla vastissima produzione artistica a tema «Cristo e l'adultera». Il materiale reperito, suddiviso per grandi correnti o per secoli, dimostra quanto il soggetto sia stato - e continui a essere - uno degli argomenti maggiormente trattati da maestri noti e meno noti, e sia capace di parlare anche all'uomo di oggi della misericordia di Dio nei confronti dei peccatori. La rassegna sarà scansionata secondo il seguente ordine:
1. dal IX al XV sec;
2. il XVI sec.;
3.dal XVII al XVIII sec.;
4. il XIX sec.;
5. il XX e il XXI sec.
Per facilitare la lettura, le note al testo sono state inserite alla fine di ciascun capitolo tematico.
Un’immagine di misericordia
«Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed ella rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù disse: “Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più”».
(Gv 8, 1-11)
«CRISTO E L'ADULTERA» NEL XX SECOLO
LE VETRATE DI JACQUES GALLAND
Jacques Galland [1] realizza la vetrata di «Cristo e l’adultera» per la chiesa di san Giovanni a Montmartre, Parigi, su cartone preparatorio di Pascal Blanchard.
La scena è divisa in due blocchi, connotati da un diverso impatto psicologico: la parte a sinistra dell’osservatore è narrata in toni fortemente drammatici. Alcuni uomini hanno già raccolto le pietre per la lapidazione dell’adultera, e sono pronti a scagliarle contro di lei. L’accusata si copre gli occhi con la mano destra, abbandonandosi leggermente all’indietro, mentre un altro dei suoi accusatori la trattiene per un braccio. L’impatto emotivo è fortissimo. Si ha l’impressione di assistere ai momenti che precedono un’esecuzione. Il clima è concitato, carico di tensione e di paura.
Sulla parte destra l’atmosfera è più calma. Gesù, vestito di bianco, sta scrivendo per terra mentre gli scribi e i farisei che lo attorniano aspettano di vedere cosa farà. In tal modo la mitezza di Cristo si contrappone alla brutalità e alla perplessità dei suoi "avversari".
IL DIPINTO DI ATTILIO ANDREOLI
Particolare della tela di Andreoli
Attilio Andreoli [2] risulta vincitore nel 1903, con questa tela, del premio Gavazzi. L'opera suscita discussioni, ma è innegabile la sua originalità, nella resa dell'adultera, che giunge sul posto sfinita, completamente stravolta, e si lascia andare, assumendo una posa quasi scomposta. Sul suo volto si leggono angoscia e spavento per la fine a cui crede di andare incontro, secondo i dettami della Legge mosaica. La veste chiara e il velo bianco-grigio contribuiscono ad accentuare il pallore del viso. Quasi priva di forze, viene sorretta con brutalità da un uomo dietro di lei, mentre, a giudicare dalle espressioni dei visi, probabilmente è ricoperta di insulti e minacce.
Attorno a lei e a Gesù - che è situato al centro della scena, rivestito di una tunica rossa che lo mette in risalto, nonostante la penombra - si accalcano gli accusatori della donna. l volti dei due personaggi più vicini al Maestro esprimono la falsità e la malizia con cui essi tramano non solo per lapidare la peccatrice, ma anche per far definitivamente capitolare Cristo, cogliendolo in fallo.
Sulla destra, una donna sembra voler sfiammare la foga di un giovane uomo, che, voltatosi indietro, grida a squarciagola, levando le braccia in alto, forse per richiamare qualcuno, invitandolo a partecipare alla lapidazione, o ad assistere allo "spettacolo". L'atmosfera surriscaldata, la folla e la presenza di un Gesù apparentemente imperturbabile avvicinano la tela, in qualche modo, all'opera - realizzata un secolo prima - da V. Polenov.
LA VETRATA CON IL PELLICANO
(BOTTEGA VENETA)
Datata tra il 1900 e il 1949, la vetrata, dalle notevoli dimensioni (cm 500x80) è conservata nella diocesi di Adria-Rovigo.
La scena è ambientata all’aperto, Gesù sta congedando la donna, invitandola a cambiare vita, come si evince anche dalla frase del Vangelo di Giovanni, che l’autore ha riportato in basso, all’interno di un cartiglio.
Interessante è la presenza, nella parte alta della vetrata, del pellicano: Cristo è il pellicano che nutre gli uomini, donando la vita per la loro salvezza.
Ecco che allora, il gesto della della mano sinistra di Gesù può assumere una duplice valenza: con il dito Egli fa cenno alla donna di riprendere la giusta direzione di vita, o invita gli accusatori ad andare via, perché nessuno è senza peccato, ma, allo stesso tempo, la mano sembra fermarsi su se stesso: Cristo è la vera via da seguire per ottenere la vita.
IL DIPINTO DI FORTUNINO MATANIA
Il dipinto di Matania [3] richiama alla memoria, per ciò che attiene alla psicologia dell'adultera, la tela di Edward Armitage. Anche qui la donna arriva con l'aria di chi non sembra essere pentita del proprio peccato, ma consapevole della propria bellezza sensuale.,Tuttavia, a differenza del collega inglese, Matania presenta un'adultera sopraffatta da una leggera inquietudine, che le fa guardare con sospetto e timore le persone che l'attorniano.
La donna sembra aspettare con ansia il verdetto di Gesù, ma semplicemente perché da lui dipende la sua vita. Non ha ancora colto il legame profondo, spirituale, che è chiamata a intrecciare con il Volto della Misericordia.
L'AFFRESCO DI GIUSEPPE BARONE
Datato 1947, anche in questo caso la scelta dell'artista [4] è quella intimista, volta a far emergere la relazione protettiva che Gesù instaura con la peccatrice, per ridonarle la vita e farla allontanare dal peccato. L'iconografia dell'adultera accanto alla colonna rimanda all'opera di Signol.
UN FALSO VERMEER
«La storia dei falsi Vermeer di Johannes (Han) Van Meegeren avrebbe tutti gli ingredienti del romanzo se non fosse vera. Non fu il primo e forse non sarà nemmeno l' ultimo falsario degli olandesi del Seicento, ma al momento li supera tutti. Alla trentina circa di Vermeer di cui si aveva conoscenza ai suoi tempi, ne aggiunse di sua mano almeno altri nove: non copie di dipinti conosciuti ma "originali", l'uno più bello dell' altro. Aggiunti quelli scoperti da allora, tolti i falsi riconosciuti come tali, oggi di Vermeer ne vengono censiti trentasei in tutto, pochissimi. Con la sua abilità Van Meegeren riuscì a ingannare quasi tutti i maggiori esperti d' arte dei suoi tempi. Ma la più bella delle sue truffe fu quella ai danni del vice di Hitler, Hermann Goering» [5] Nello stesso periodo in cui realizzava Isacco e Giacobbe, Vanl Meegeren lavorava a un altro Vermeer, di dimensioni più ridotte (cm 97x84); operava su una vecchia tela del XVII secolo che, in origine, rappresentava una scena di battaglia con cavalieri e soldati. La raschiatura della tela era stata molto imperfetta, e oltre a questo il falsario corse un rischio, oseremmo dire tracotante: utilizzò del blu di cobalto al posto del lapislazzuli (il blu di cobalto non esisteva all’epoca di Vermeer: per ottenere il blu, veniva usato il lapislazzuli). Il suo modello centrale ricordava sempre il mendicante di Roquebrune; il personaggio femminile si ispirava direttamente alla Donna in blu che legge una lettera del Rijksmuseum. Vermeer, per dipingere questa tela, aveva fatto posare la moglie; ma il Maestro di Delft non aveva esitato, d’altro canto, a dare gli stessi lineamenti alla prostituta della Mezzana. La scelta di quel volto da parte di Van Meegeren denotò un’astuzia assai notevole: non c’era da stupirsi se la donna adultera rappresentata nel quadro fosse di estrazione vermeeriana. Il titolo del quadro era: Cristo e l’adultera. Per lo smercio degli ultimi quattro falsi Van Meegeren si era servito sempre degli stessi intermediari: l’agente immobiliare Strijbis, e il mercante di quadri Hoogendijk. Ricorrere ancora una volta a loro era forse pericoloso, ma trovare un altro canale, nel 1942, non era impresa facile. La vendita dei quadri d’autore avveniva in un ambiente sempre piir ristretto, e il falsario dovette ricorrere a una persona che non conosceva tanto bene. Il nuovo intermediario era Rienstra Van Strijvesande. Dopo avergli affidato il Cristo e l’adultera, Van Meegeren venne casualmente a sapere che il suo mediatore era molto legato all’ambiente degli occupanti nazisti. Presentì immediatamente il pericolo: non ci teneva a compromettersi con gli invasori, permettendo che uno dei suoi falsi Vermeer partisse per la Germania del Terzo Reich. Prese immediatamente contatti con Van Strijvesande e gli impose di trovare un acquirente olandese. Ma era troppo tardi. Un banchiere bavarese, Aloys Miedl, aveva già sentito parlare della scoperta di un nuovo Vermeer. E aveva subito informato il dottor Walter Hofer, incaricato dal regime hitleriano di incettare tesori artistici nei paesi occupati. Van Meegeren non poteva più intervenire. La transazione manipolata da Van Strijvesande avrebbe interessato anche lo Stato olandese. Il prezzo richiesto per il quadro era di 1 650 000 fiorini. I tedeschi volevano a ogni costo acquistare quel capolavoro del patrimonio nazionale olandese. La vendita assunse i toni di un affare di Stato. Dopo strane e discrete trattative, la transazione si operò nella maniera seguente: il Terzo Reich pagò ‘in natura’ l’acquisto del Vermeer. All’Olanda, cioè, furono restituite duecento tele autentiche, tele che erano state rubate dai nazisti durante l’invasione e il cui valore globale superava sensibilmente il prezzo richiesto. Lo Stato olandese, dopo aver recuperato le duecento tele d’autore, pagò in moneta corrente Miedl e Van Strijvesande, e quest’ultimo versò a Van Meegeren più della metà del ricavato. L’affare era andato in porto, ma questa soluzione non entusiasmò Van Meegeren, in quanto sapeva che Miedl e Walter Hofer lavoravano per Hermann Goering, maresciallo del Terzo Reich e grancollezionista di opere d’arte. In quell’occasione Goering realizzò un’operazione come uomo di Stato ‘l’acquisto’ e una distrazione di beni demaniali: destinò, infatti, il Cristo e l’adultera alla sua collezione personale… [6] Non l' avrebbero forse nemmeno mai scoperto, se non fosse stato lui stesso a confessare. A guerra finita era stato arrestato come collaborazionista, "traditore" per aver venduto i tesori dell' arte nazionale ai nazisti. Si difese sostenendo che quei quadri li aveva dipinti lui, e semmai si era preso beffa degli occupanti. A prova di quanto affermato, nel corso del processo dipinse seduta stante un nuovo falso Vermeer. Se la cavò con una modesta condanna da falsario, il "tradimento" poteva comportare la fucilazione. Riuscì a farsi passare come eroe e conquistarsi le simpatie del pubblico. Quasi tutti i suoi falsi Vermeer sono di argomento biblico o religioso» [7].
CARRELLATA DI ALTRE OPERE
Non meno importanti delle precedenti, ma più vicine alle nostra epoca, le opere che seguono. La scelta di inserirle in una sezione "carrellata" non dunque è per sminuirle, ma per lasciare che siano esse a parlare all'osservatore, anche attraverso il linguaggio modernissimo di alcune di esse, come nel primo dipinto (di autore ignoto) in cui il volto e le linee flessuose della peccatrice esprimono il totale abbandono, l'incondizionata fiducia in Cristo, nonostante la presenza degli accusatori ancora accecati dalla loro foga e molti dei quali "indistinguibili", senza volto, massa anonima, come anonimi sono quanti tramano nell'ombra, compiendo le opere delle tenebre (cfr. Gv 3,19). Moderno e toccante è il linguaggio pittorico di Ernani Costantini, che sceglie un taglio innovativo per inquadrare i protagonisti della storia, così che lo spettatore si ponga dietro l'adultera, e con lei contempli il Volto della Misericordia che ammaestra e perdona.
Dipinto di ignoto autore italiano
Antonio Tempera (sacerdote camilliano), L'adultera ai piedi del Maestro
Luigi Filocamo, L'adultera (1950), Chiesa di Santa Maria del Suffragio, Milano
Ernani Costantini (Venezia, 1922 - 2007), L'adultera (1997)
Chiesa della SS. Resurrezione, Marghera
Piera Costantino, L'adultera (1999)
Paolo Messersi, Chi è senza peccato (pannello in tarsie di legno)
Cappella della Confessione, Chiesa Regina della Pace, Jesi
Pelloni Romano (disegno) - Progetto Arte Poli (realizzazione), 1991, Diocesi di Padova
Fonte: Sito dei Beni Ecclesiastici in rete
NOTE
[1] Di Jacques Galland (Parigi, prima del 1891 - 1922/23), figlio del decoratore P.V. Galland, si hanno poche notizie biografiche. Nasce probabilmente prima del 1891 e anche lui intraprende la carriera di decoratore e pittore di vetrate artistiche. Fra le sue opere si annoverano le vetrate del transatlantico Parigi e quelle della Cattedrale d’Orleans, dedicate alla storia di santa Giovanna d’Arco. Queste ultime, realizzate assieme al maestro vetraio Esprit Gibelin, vincono il concorso organizzato nel 1893 per l’assegnazione dell’incarico. Nella giuria è presente il famoso compositore Charles Gounod - nonno della moglie di Galland -, il cui parere, molto probabilmente, diviene determinante per la scelta finale. A detta di tutti, infatti, i cartoni di Eugène Grasset sono i migliori presentati, tanto da indurre la critica a parlare di una vera e propria ingiustizia a danno della bellezza e della tecnica. Cfr. Scheda L. Jacques Galland sul Sito Internet del Museo d’Orsay, https://www.musee-orsay.fr/fr/espace-professionnels/professionnels/chercheurs/rech-rec-art-home/notice-artiste.html?no_cache=1&nnumid=29451&retouroeuvre=%252Ffr%252Fcollections%252Fcatalogue-des-oeuvres%252Fnotice.html%253Fnnumid%253D12054;
Obituary in American Art News, Vol. 20, No. 24, 25 marzo 1922, p. 6;
Eugène Grasset, Jeanne d’Arc au bûcher, Sito Internet del Museo d’Orsay. https://www.musee-orsay.fr/fr/collections/oeuvres-commentees/recherche/commentaire_id/jeanne-darc-au-bucher-20753.html?no_cache=1&tx_commentaire_pi1%5Bsword%5D=grasset&tx_commentaire_pi1%5BpidLi%5D=509,842,846,847,848,850&tx_commentaire_pi1%5Bfrom%5D=851&cHash=fc96a32000
[2] Attilio Andreoli «nato a Milano il 7 aprile 1877, ivi morto nel 1950. Allievo a Milano dell'Accademia di Brera, ebbe a maestri Giuseppe Bertini, Cesare Tallone e Vespasiano Bignami. Trattò di preferenza i quadri di soggetto storico e biblico, conquistando, con questi, meritati allori. Si presentò per la prima volta alla Biennale di Brera nel 1900 con il quadro storico "Rispa che protegge i corpi dei suoi figli" e ne conseguì il premio Fumagalli. "Cristo che giudica l'adultera" esposto a Milano nel 1903 gli valse il premio Gavazzi ed è attualmente conservato al Castello Sforzesco di Milano. Nel 1904 a Venezia espose "L'onomastico del parroco" e nel 1917 a Milano "La violinista", che fu premiato con medaglia d'oro. Ha eseguito tutti i suoi lavori a spatola, con la caratteristica di non includere alcuna traccia di pennello. Fu pittore dal forte e smaltato impasto quasi meridionale come assieme pittorico, ma settentrionale come gusto e stile. Impetuoso costruttore, finiva il quadro pazientemente a piccoli e fitti tocchi prodotti dalla lama d'acciaio. Si era dedicato sporadicamente anche all'acquaforte. Fece anche degli affreschi nella chiesa dei Frati di via Farini a Milano» (Note biografiche di A. M. Comanducci, in Scheda Attilio Andreoli, Sito Internet Galleria d'Arte Recta, https://www.galleriarecta.it/autore/andreoli-attilio/).
[3] Fortunino Matania (Napoli, 1881 - 1963) figlio d'arte, illustra il suo primo libro all'età di soli 13 anni. Il suo talento viene riconosciuto soprattutto all'estero, come in Gran Bretagna. Partecipa alla Prima Guerra Mondiale come inviato per la stampa inglese e si distingue per «grande senso dell’inquadratura, rapido e minuzioso nel tratto, drammatico ma sempre elegante» (Nicola Zotti, Un terribile atto di umanità. Un uomo e il suo destino, Sito Internet Warfare, https://www.warfare.it/what_if/matania.html). «Quando Neville Chamberlain, primo ministro inglese, nei giorni del Convegno di Monaco, andò a far visita a Hitler nel suo nido d’aquila sulle alpi bavaresi, si meravigliò di trovarvi la copia di una tavola a colori di Fortunino Matania. L’opera celebrava un episodio della battaglia delle Fiandre tra inglesi e tedeschi del 1917 e mostrava, tra le rovine fumanti di un villaggio fiammingo, un soldato inglese che si caricava sulle spalle un commilitone ferito. «Quest’uomo» disse Hitler «mi inquadrò nel mirino del suo fucile ma poi non ebbe l’animo di uccidermi!». Il soldato si chiamava Henry Tandey e non sapeva di aver risparmiato la vita al futuro dittatore tedesco, caporale allora dell’esercito bavarese. Sempre nel 1934, il nostro Fortunino Matania correrà in soccorso di Alfred Hitchcock per la scena principe del suo film «L’uomo che sapeva troppo». Parliamo della prima versione, da noi poco conosciuta, quella con Peter Lorre. Nella versione del 1956, notissima per i continui passaggi televisivi, la scena clou si svolge nella Royal Albert Hall di Londra, dove Doris Day riuscirà a sventare con un urlo l’attentato ad un primo ministro in visita in Inghilterra. Nel ‘34 il grande regista invece ricorre a una pura finzione scenografica nel rappresentare la magica sala circolare. Gli attori reciteranno infatti, in molte inquadrature, con un sfondo di pubblico minuziosamente disegnato dall’artista napoletano. Hitchcock gli sarà grato.» (Sergio Lambiase, Fortunino Matania, il disegnatore che stregò gli inglesi e Hitler, in Corriere della Sera, 4 maggio 2015, https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/arte_e_cultura/15_maggio_04/fortunino-matania-disegnatore-che-strego-inglesi-hitler-001a5bb2-f23b-11e4-b2c5-71c2254bfd59.shtml).
[4] Si tratta, probabilmente, del pittore Giuseppe Barone nato a Militello Val di Catania, nel 1887 e morto a Catania, 1956.Studia al liceo artistico e poi all'Accademia di Belle Arti di Palermo. Ha lavorato in varie chiese. Maggiori informazioni sul Sito Internet Galleria di Roma, https://www.galleriaroma.it/old/Bonaiuto/5/Barone%20Giuseppe.htm e sul Sito Internet della Pro Loco di Militello, https://www.prolocomilitello.it/Storia%20&%20Cultura/Personaggi/Barone%20Giuseppe/Giuseppe%20Barone.htm
[5] Siegmund Ginzberg, L'uomo che reinventava Veermer, in Repubblica, 12 luglio 2008, https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/12/07/uomo-che-reinventava-vermeer.html
[6] La storia di Han Van Meegeren e dei falsi Vermeer (quarta e ultima parte), Tratto da Enciclopedia del crimine, Fratelli Fabbri Editori, 1974, Sito Internet I giorni e le notti, https://www.igiornielenotti.it/?p=7311
[7] Siegmund Ginzberg, Ult. cit.
«CRISTO E L'ADULTERA» NEL XXI SECOLO
LA TEMPERA SU TAVOLA DI LINA DELPERO
Tempera su tavola, datata tra il 2000-2008 sul Sito dei Beni Ecclesiastici in rete
LA TEMPERA SU INTONACO DI R. M. DA SILVA
Ruberval Monteiro da Silva, 2003
L'artista è un monaco benedettino, prof. presso la fac. teologica di San Paolo (Brasile)
IL MOSAICO DI RUPNIK
Il mosaico si trova nella nuova chiesa dedicata a San Pio da Pietralcina, San Giovanni Rotondo
«Gli accusatori, gli uomini che avevano portato la donna davanti a Gesù sono senza volto, di spalle e se ne stanno andando. Il gioco del mosaico pone le due figure di Gesù e dell’adultera sotto una pioggia di luce dorata, simbolo della vita divina che si rende manifesta nel gesto e nelle parole di Gesù che perdona e apre ad una vita nuova la donna con le mani aperte, in atteggiamento di affidamento inerme davanti a lui. Gesù è inginocchiato, una posizione che esprime la sua umiltà, la sua discesa per farsi vicino ad ogni persona piagata nel corpo o nello spirito. Con la mano destra sta ancora tracciando segni per terra; con la sinistra trattiene un mucchietto di pietre, le pietre che sono state raccolte, pronte per essere scagliate contro la donna, ma che sono bloccate, tenute ferme, dal suo gesto e dalla sua parola. Il cuore della donna è trasformato: è un cuore capace di amare perché ha assaporato la vicinanza e la misericordia di Dio. Le sue mani sono unite a formare una cavità, come quando ci si avvicina ad una fonte di acqua: sono così per accogliere quella cascata di misericordia che la investe provenendo dallo sguardo di Gesù e dall’oro della luce dall’alto. Diversa è la situazione di coloro che di spalle si stanno allontanando. Senza volto, si muovono come gruppo di indistinti, massa che segue il ritmo di una marcia. Si dirigono verso un orizzonte pietroso, grigio e scuro, segnato da righe oscure quasi sbarre di una prigione che è la condizione di chiusura dei loro cuori. I loro mantelli ricalcano le venature della pietra. La loro vita è impietrita e i loro cuori sono di pietra. Ma al centro dell’immagine sta la luce che separa ma anche unisce lo sguardo di Gesù e quello della donna. Uno sguardo di comunicazione, uno sguardo di confidenza e di compassione. Uno sguardo che esprime un cuore di carne. Gesù vede in quella donna già la donna nuova, una umanità liberata per amare» [8].
NOTE
[8] Alessandro Cortesi, La peccatrice, Sito Internet del Convento di San Domenico a Pistoia, https://www.domenicanipistoia.it/mosaico.htm